La Sicilia appartiene al mito. Il mito ne forgiava cultura e civiltà prima ancora che la letteratura avesse una propria storia. I ragazzi più giovani studiano a scuola ancora oggi le vicende di Ulisse e il Ciclope, ambientate peraltro non troppo lontano dal triangolo ibleo, tradotte magistralmente da Omero dalla penna sublime di Salvatore Quasimodo, nato a Modica, Nobel per la letteratura nel 1959: lungo la passeggiata sul lungomare di Punta Secca troverete un piccolo ma significativo monumento a lui dedicato, un semplice libro di pietra, Ed è subito sera, sul quale potersi sedere per osservare i meravigliosi tramonti, icona del nostro litorale. A Punta Secca senz’altro sarete finiti perché attratti dalle pagine dell’indimenticabile Andrea Camilleri che ha donato alla nostra terra un mito contemporaneo, il Commissario Montalbano, che nella sua trasposizione cinematografica ha reso noto al mondo, più colorato e vivo, un silenzioso borgo di pescatori.

Guardando questo mare attraversato a nuoto da Luca Zingaretti, l’interprete del celebre commissario, il pensiero vada a cercare le marine di Piero Guccione, l’artista che ha insegnato ai contemporanei come interpretare su tela il mare e come trasmetterne su due dimensioni la profondità e la potenza muta: intorno a lui, già assistente di Renato Guttuso, si creò negli anni Settanta quel gruppo di Scicli che con Sonia Alvarez, Franco Sarnari e altri ha saputo narrare la luce degli Iblei. Amava quell’arte anche il comisano Gesualdo Bufalino, professore di lettere, scoperto tardi come grande talento letterario grazie a Leonardo Sciascia: il suo Argo il cieco ovvero i sogni della memoria vi faranno rivivere una Modica d’altri tempi, una Sicilia di cui innamorarsi e in cui innamorarsi a tutte le età…

Una Sicilia da gustare sorseggiando una granita alla mandorla come fa Manlio Sgalambro sul finale di Perdutoamor (2003), il poetico lungometraggio del grande Franco Battiato: la piazza di Ragusa Ibla, il circolo di conversazione davanti a San Giorgio, dopo la passeggiata dal giardino ibleo. Sono frammenti di una pietra che ha assorbito sole per secoli, l’elegante pietra di Comiso: vi stupiranno eppure vi sembrerà di averli avuti sempre nel cuore, perché sono patrimonio di tutti fino a suggerire la stereotipata espressione del cronista di Ecce Bombo (Nanni Moretti, 1978) che richiamiamo nel titolo.

 

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